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Non finisce mai la storia del plagio in cui la vicesindaco Annamaria Garofalo è sub judice, anzi si arricchisce di un altro inedito capitolo. E chissà se non si dovesse chiudere di quant’altro… Sì, perché lo storico Mario Comincini, coautore del libro su Sedriano che ha dato il “la” alla vicenda del copyright violato, rivela di aver scoperto un altro non meno clamoroso. “I suoi illeciti -afferma Comincini- ormai pongono un problema politico fuori dal ‘palazzo’, di rilevanza cittadina perché rischiano di deteriorare i rapporti tra le scuole, impegnate a combattere la piaga del copia-incolla, e il Comune che resiste alla richiesta di revocare la delega all’Istruzione a chi risulta aver fatto ricorso più volte negli anni a quella pratica illegittima, dando un esempio gravemente contraddittorio rispetto agli sforzi della didattica”. Ed ecco cosa disvela in questa nota che ricevo e pubblico.

Premessa. In questo nuovo capitolo della Sedrianeide, opera epica che darò alle stampe come in altri casi analoghi perché tale è la nostra vicenda (una storia reale di scontro sui valori), non intendo occuparmi del plagio della vicesindaca Garofalo a danno del volume da me curato per il comune di Sedriano. E già ho documentato che anche per un libro edito dalla locale parrocchia c’è l’illecito di plagio da parte di Garofalo (non scrivo “della Garofalo” perché l’articolo davanti al cognome femminile è giudicato discriminatorio e nel contempo sono indulgente col sessismo alla rovescia di Garofalo quando scrive “Il Comincini”). Segnalo ora invece una nuova forma di plagio, forse la più diffusa e anche la più desolante se c’è di mezzo un amministratore pubblico.

La farina del sacco altrui. In un post del 13 marzo 2021, così Garofalo scriveva ai potenziali clienti delle sue visite guidate (non a caso il profilo social si chiamava Guide Art):

«Avete finito di rifocillarvi? bene perché siamo pronti a ripartire da Castellazzo de Barzi, ma prima vi mostro cos’è rimasto di quello che i Barzi hanno costruito in questo luogo».

Si era ancora in clima Covid e quindi, per mantenere vivo il rapporto coi clienti e cioè la propria attività professionale, Garofalo propone una visita guidata virtuale, che inizia così: «Nel 1736 parte del patrimonio dei Barzi venne smembrato, con la vendita addirittura del “Castellaccio”, ovvero del Palazzo de’ Barzi che ancora oggi è presente in centro al borgo. Esso contava all’epoca circa 204 abitanti, mentre nel 1805 dopo la Rivoluzione e le guerre napoleoniche, già gli abitanti erano ridotti a 180 circa». Il testo prosegue per un’estensione pari a due fogli dattiloscritti e si conclude così: “Ritorniamo sui nostri passi, siamo a circa 2 km da Robecco sul Naviglio, quindi incamminiamoci per visitare una delle perle d’arte sulle sponde del Naviglio Grande».

Che fonti ha utilizzato Garofalo per redigere questo testo? Per la sua produzione storiografica non sono indicate oppure  appaiono inverosimili per il nostro caso: «Racconti degli stessi abitanti di Sedriano e di miei amici». Ma è sufficiente digitare due o tre parole del suo testo per finire in una pagina di Wikipedia su Castellazzo de’ Barzi. Non si può affermare che i due testi sono perfettamente sovrapponibili a causa di quattro eccezioni: “chiesa” diventa “chiesetta”, “chiesetta” diventa “piccolo oratorio”, Magenta chissà perché diventa Corbetta e “aver soggiornato” diventa “era stato qui” (ci sarebbe poi anche un “perlo più”). Tutto il resto delle due pagine è identico.

Il sindaco Re commenterebbe come quando ha giustificato il plagio per la “Storia Sedrianese”: «Sui social gira davvero tanto materiale, coperto da diritti d’autore, che viene utilizzato da semplici cittadini». Un’affermazione gravissima, perché fa apparire legittimo un ‘furto’ punito penalmente e anche fuori tema perché il testo del volume da me curato, coperto da copyright, non era in rete. Perché un conto è fare un uso legittimo di un testo e un conto è ‘rubarlo’. 

Plagiata anche l’enciclopedia mondiale. Naturalmente anche Wikipedia difende i propri testi con un rigido regolamento (lascio i neretti, i corsivi e il sottolineato):

«Attenzione: se in un proprio lavoro si è preso Wikipedia come semplice ispirazione, riformulando totalmente un testo (oppure citando “alla lettera” solo brevi porzioni di testo), è necessario seguire le indicazioni della sezione Come inserire un riferimento a Wikipedia in un proprio testo. Se invece si vuole riutilizzare un testo senza riformularlo interamente è obbligatorio rispettare tutte le regole imposte dalla licenza d’uso, seguendo le indicazione della sezione Uso del testo tratto da Wikipedia».

Seguono pagine di regolamenti, a tutela di Wikipedia ma prima ancora di chi scrive (gratuitamente) le sue voci.

A copiare da Wikipedia, per le sue caratteristiche, c’è meno probabilità di essere pizzicati rispetto all’editoria tradizionale (per il disinvolto che valuta rischi e benefici). Si rischia di meno ma non è meno grave penalmente, con un’aggravante se si omette il nome dell’autore, oltre a essere, moralmente, come rubare le caramelle ai bambini. 

L’autore del testo di Wikipedia si è comportato invece con la massima correttezza. Quando ad esempio afferma che l’oratorio di S. Salvatore «è già citato da Goffredo da Bussero nel suo Liber Notitiae Sanctorum Mediolani della fine del XIII secolo», rimanda in nota a: «Goffredo da Bussero, Liber Notitiæ Sanctorum Mediolani, a cura di M. Magistretti e Ugo Monneret de Villard, Tipografia: U. Allegretti, 1917, Milano». Viceversa Garofalo che fa? Scrive anch’essa «è già citato da Goffredo da Bussero nel suo Liber Notitiae Sanctorum Mediolani della fine del XIII secolo», senza alcun rinvio alla pubblicazione del 1917 (figuriamoci) ma neppure a Wikipedia, lasciando così credere di essersi effettivamente impegnata, per dirla con le sue parole, in un «lungo lavoro di raccolta di dati storici».

Ma l’autore di Wikipedia fa di più, quanto a correttezza, per giustificare dati storici minori: in fondo aggiunge la sezione “Bibliografia” citando il volume “Autori Vari, Castellazzo de’ Barzi. Storia di una comunità, Romentino 2015”. Già, perché l’autore di Wikipedia mette anche brevi incisi come: «È stato qui il sacerdote e musicologo lombardo Giovenale Sacchi». Poche parole, per scrivere le quali però è stata necessaria una ricerca tra le memorie di quel barnabita, indicate appunto in nota nel volume su Castellazzo, a sua volta citato per rigore scientifico – e onestà – dall’estensore di Wikipedia. Di tutto ciò Garofalo non cita nulla, ma copia: «È stato qui il sacerdote e musicologo lombardo Giovenale Sacchi». .

Ho detto all’inizio che in questa occasione non intendevo parlare di me rispetto a Garofalo, ma l’esigenza di completezza nelle citazioni mi obbliga a precisare che il passo sul Sacchi, come molti altri poi ripresi dalla delegata all’Istruzione, è in un mio testo che apre appunto il libro su Castellazzo. Non so se Garofalo sia fatalista, ma rispetto a me deve avere la strada segnata dal destino: in questo caso fa soltanto un giro più lungo. 

Giudizio storiografico e giudizio politico. Garofalo avrebbe potuto usare Wikipedia in modo legale, come questo canale le consente ma anche pretende. Perché non lo ha fatto? Certo, sarebbe stato inevitabile per i suoi clienti pensare: se nel fare una visita guidata legge da Wikipedia, mi arrangio da solo, come una volta con le guide Touring. Oppure: a far la guida turistica così sono capaci tutti. Ma è un giudizio che non deve colpire un’intera professione. Posso testimoniare, avendo partecipato più volte come docente a corsi di formazione per guide turistiche, che a chi sceglie questa professione si insegna a colloquiare con i turisti, a soddisfare le loro curiosità, a essere in grado di non dover mai rispondere «non lo so» ma al massimo «non si sa». Altrimenti basta una voce registrata, giusto per imparare qualcosa. Ma nel nostro caso, in alternativa a Guide Art, si poteva imparare da soli e anche meglio, a giudicare da come è stato utilizzato il testo di Wikipedia e quindi indirettamente il mio e quello di un altro autore, il cultore di storia locale Giuseppe Zanoni, già sindaco di Robecco sul Naviglio per dieci anni.

Un giudizio storiografico sulla “Storia Sedrianese”, legittimo per ogni lettore, è impossibile da esprimere perché manca il carattere della originalità, come sancito dalla perizia. Invece per esprimere un giudizio etico-politico rispetto alle deleghe conferite a Garofalo in quanto dotata di «sensibilità per l’arte e la cultura» e per la professione di guida turistica praticata «con dedizione» (qualità autocertificate), si hanno i seguenti elementi:

– La redazione della “Storia Sedrianese”, con gli ultimi 12 capitoli dichiarati plagiati; 

– Un giudizio forzatamente sospeso per i primi 13 capitoli, ma uno di essi è già risultato contaminato da plagio.

– Per l’attività di visite guidate, c’è l’episodio del plagio riguardante il lungo testo relativo a Castellazzo de’ Barzi.

In tutti i tre casi si ha un uso illecito di testi storici altrui da parte di una delegata all’Istruzione, che tuttavia dichiara di aver operato e di operare per la diffusione della cultura. Questo è eticamente compatibile col mantenimento delle deleghe di cui Garofalo è titolare? 

Il copia-incolla, un dramma per la didattica. La domanda è ineludibile soprattutto per l’aspetto educativo e didattico, che è drammaticamente sentito tra gli insegnanti: 

«Quando copiano da Wikipedia, capirlo non è difficile, soprattutto quando sono ragazzi di medie e superiori: a tradirli è il lessico troppo tecnico», scrive l’insegnante Mariangela Galatea Vaglio, «e un giro quindi sulla corrispondente voce di Wikipedia è sufficiente a provare il plagio [che è quanto è bastato fare per Garofalo]. Che deve fare il docente in questi casi? Prima di tutto, non farla passare liscia allo studente. C’è un lato educativo ed etico del nostro lavoro che prevede che il copione venga sanzionato. La copiatura deve essere sanzionata, e duramente [ma perché solo a scuola?]. Può anche diventare una buona occasione per chiarire in classe i concetti di diritto d’autore e i limiti di riproducibilità dell’opera. I ragazzi sono spesso convinti, come anche molti adulti, che tutti i contenuti su internet siano liberi e “figli di nessuno”: spiegare loro che non è così e che se copiano il lavoro altrui senza far caso a copyright e diritti rischiano anche guai legali può essere una mossa vincente per educare i “nativi digitali” che spesso sanno usare tecnicamente il mezzo, ma sono ragazzini inconsapevoli delle possibili ricadute del loro atti».

Venendo a noi: gli insegnanti e gli studenti di Sedriano, per non dire i genitori, come devono giudicare l’esempio dato dalla delegata all’Istruzione del loro Comune e la mancanza di disagio nell’amministrazione comunale, che anzi intende rinnovare senza esitazioni la piena fiducia a Garofalo? Cosa può rispondere un insegnante a un alunno copione che gli dice: «Ma lo fa anche la vicesindaca e per il sindaco è un peccato veniale perché è normale usare materiale in rete coperto da copyright!». Chiediamoci con quale motivazione quell’insegnante combatte il copia-incolla, killer dell’apprendimento, se il cattivo esempio viene dalle istituzioni. Sarebbe questa la scuola baluardo della legalità, tanto cara a Garofalo che, a proposito di sé, parla di «dedizione e ONESTÀ» (il maiuscolo è suo) e di «comportamenti non trasparenti ed immorali» dell’opposizione?

Riflessione finale. Nell’ultimo Consiglio Comunale la vicesindaca ha dichiarato: «Se non ci fosse stato il caso Garofalo, nessun cittadino sedrianese avrebbe saputo dell’esistenza di tale libro”, cioè quello da me curato. È una dichiarazione che mal si accorda col numero di copie vendute e da lei stessa indicato un minuto prima, comunque le sono riconoscente, signora Garofalo, perché i sedrianesi, senza saperlo, di quel libro sconosciuto hanno potuto leggere quanto meno un plagio riconosciuto e come tale quindi non molto diverso dall’originale da lei utilizzato. 

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