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Ma che si aspettano i giovani dal mondo degli adulti e quale testimonianza possono quest’ultimi offrirgli. Il parroco don Danilo Dorini nella riflessione di questa settimana affronta il delicato tema.
1. Il senso della responsabilità.
‘Respondeo’ significa rendere ragione delle proprie scelte e decisioni, assumersi l’onere delle conseguenze che ne derivano. Non basta dire “ho deciso io dunque …” oppure “perché te lo dico io”, anzi in tal modo si ottiene l’effetto contrario. Mantenere la parola data, essere il primo ad agire dando l’esempio, fare il primo passo ed essere coerenti con quanto professato è fonte di stima da parte dei giovani. Non solo: ammettere il proprio errore e chiedere scusa quando è doveroso, senza scaricare su altre colpe nostre, oltre ad essere indice di grandezza umana, accresce nei giovani il rispetto e la comprensione affettuosa nei nostri confronti. Non cercano persone perfette ma adulti affidabili …..
2.  … e autorevoli. In cinquant’anni siamo passati dall’autoritarismo alla mancanza di autorevolezza a cui si è aggiunta recentemente l’assoluta tolleranza. Scrive Paolo Crepet (psichiatra e sociologo): “Il bambino comincia dal decidere quale capezzolo vuole e finisce per comandare nell’ambito domestico per poi pensare di poterlo fare anche nella vita adulta”.
Il bambino sa che più si lamenta più ottiene, mentre i genitori faticano a distinguere tra necessità e capriccio; il ragazzo è ben consapevole della potenza del ricatto affettivo ‘allora vuol dire che non mi vuoi bene’ e a quel punto il genitore cede e accontenta il figlio, anche se a malincuore; l’adolescente conosce i punti deboli dei propri genitori e ci marciano ‘ anche tu però alla mia età … ‘

Autorevolezza:

  • saper dire di no quando è necessario e doveroso motivarlo
  • mantenere una sana distanza: essere genitori non coincide con l’essere amici, anzi questa coincidenza è pericolosa
  • indicare soluzioni e non semplicemente porre dei problemi
Il Vangelo racconta di Gesù che, cosciente di avere Dio per Padre, ‘Scese dunque con loro [Maria e Giuseppe] e venne a Nazareth e stava loro sottomesso’ (Lc 2,51) perché erano ‘autorevoli’ ai suoi occhi, nonostante i capricci e le resistenze tipiche dei bambini. Lui non solo amava, ma pure stimava i suoi genitori.
3. Amore e stima.
La prima e più grande necessità di ogni creatura che viene al mondo è di essere amata e accolta. Un bambino non amato, da piccolo, porterà sempre con sé la cicatrice di un affetto mancato. Nell’amore rientra il rendere certi i nostri figli che su di noi potranno sempre contare e quindi di non mettere mai in dubbio il nostro affetto, attaccamento, disponibilità, presenza …. nei limiti del possibile. Stima e amore non coincidono: si può stimare e non amare una persona e viceversa. Che i nostri figli coltivino un sentimento di riconoscenza e di rispetto, se non amore, nei nostri confronti ci sta, vien da sé … senza negare le varie eccezioni. Noi ci dobbiamo chiedere: ci stimano? Guardano a noi con ammirazione o ci compatiscono o siamo per loro, come persone, indifferenti. Quando parlano di noi con gli amici possono essere fieri di noi? Son contenti di averci avuto come genitori? Possono dirlo oggi e non solo il giorno del nostro funerale?

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