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Gianfranco Brusasca |
Il poeta cornaredese Gianfranco Brusasca è sempre pronto a cogliere emozioni, sensazioni e tendenze del momento storico che l’umanità sta vivendo. “In un momento tuttora così difficile e complesso per il mondo intero -afferma Brusasca-, scosso dal continuo attacco, inaspettato, invasivo e mortale, ancorché contagiosamente variabile nella sua virulenza mortale, del Covid 19, l’utilizzo della memoria circolare si rivela, ancora una volta, come lo strumento principe per riportare i nostri pensieri e le nostre azioni a confrontarsi costantemente con uno stato di morte-rinascita fortemente interiorizzato. Un processo inarrestabile -continua Brusasca-, nato dal trauma e poi caratterizzato dalla evoluzione che tende alla riconquista di qualcosa di liberante: una sorta di magia segreta di antica appartenenza che ci ha accompagnato, prendendoci per mano, come solo la memoria sa suscitare, con le sue immagini e le sue voci, per scavalcare la “morte” e vincerla, riguadagnando una nuova sponda. Per non tradire la memoria -chiosa Brusasca-, cioè la coscienza del passato, per non impedire all’anima di respirare affinché, essa memoria, diventi forza riparatrice che parta da noi come capacità di rigenerarci per affrontare e ricostruire il quotidiano perduto”. E dà testimonianza della drammatica situazione in questi due componimenti.
QUANDO LA SERA SI FA PIÙ SERA
A Ferenc Bàranyi, poeta ungherese e amico fraterno
Da un po’ di tempo non ti parlo d’amore
cara mia dolce terra,
dalle fronde dei popoli io ti sogno
e penso
al sangue tradito sputato calpestato,
di cuori pieni di morte
di morte.
Come possiamo noi non pensare
ai giovani violenti e ai vecchi lasciati
morenti
alle ragazze stuprate
alle pietà deviate
alle ragazze incinte e stordite
dai capelli affranti
ai cavalli impazziti sulle colline bruciate
ai poliziotti sconfitti ai violenti impuniti.
Come possiamo noi non cantare
alle madri
senza sorrisi, incatenate.
irrise, lasciate.
2
Sono liberi gli umani pensieri?
È libero il nostro domani? È libera la nostra terra?
Sono liberi i suoi fiumi? È libera la poesia?
Come possiamo noi non pensare
ai bicorni di menti dormienti
e ombre invadenti pieni di rabbia e orgogli
non convincenti, zombi vaganti
abbracciati ai falsi mendicanti.
Da un po’ di tempo non ti parlo d’amore
dalle fronde dei viventi,
cara mia madre terra
stretta ai monti e al mare,
invasa sconfitta assassinata.
Io m’ indigno di fronte al silenzio
di questi inimmaginabili giorni
di morti smembrati e cimiteri
rovesciati, divisi, ipocrisia immobile
piena di sillabe indolenti
e d’arpe stonanti.
Come possiamo noi non pensare…
quando la sera si fa più sera
e il mio pianto
si fa vergogna e spavento.
—–
(Gianfranco Brusasca)
IMMOTO AMORE
“Amore che non cede a nulla”
Rumori e boati,
rombi, tuoni,
spari di luce, lampi
e bagliori.
Oh, dei della materia,
del fuoco
e dell’acque profonde,
oggi ho visto la vostra forza,
oggi ho sentito la terra urlarsi,
scontrarsi, cozzare, disgregarsi
e la furia bruta scagliarsi
contro di me.
Oggi ho visto
la terra dondolare
fluttuare, barcollando,
oscillare e avvolgersi nell’acque
e l’onda non parlarmi
al chiaro della Luna.
Oggi ho visto
sollevarsi e sprofondare città
squassate, ingoiate
nei gorghi roteanti nelle strade.
Ho visto umani senza voce
ghermiti,
nel silenzio più atroce.
Oggi ho visto
sguazzare la morte
liquida e sanguinosa
nel cerchio inafferrabile,
inattesa, indomabile,
e la vita accerchiata
d’atomi scappati,
non piegata
d’immoto Amore!