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Don Fabio Turba |
Il parroco Don Fabio Turba nei giorni della pandemia del Covid-19 ha lanciato un messaggio di speranza alla comunità.
Vorrei prima di tutto ringraziarvi per tutti quei segni di affetto e di stima che a me e agli altri sacerdoti state riservando in questi giorni. Oggi volevo rivolgermi a voi in un giorno particolare: è il giorno in cui avremmo dovuto iniziare la missione al popolo insieme con i nostri frati francescani e i loro collaboratori. Purtroppo sappiamo che coll’emergenza che si è creata della pandemia non è stato possibile iniziare questo cammino da tempo preparato grazie alla disponibilità di tante persone che ancora ringrazio per il loro servizio alla comunità. Avremmo avuto questa sera anche la presenza stessa del nostro arcivescovo monsignor Mario Delpini, che ci fa giungere il suo saluto e la sua benedizione.
Volevo allora semplicemente condividere con voi alcune riflessioni che in questi giorni sto facendo. I tempi d di silenzio e di ascolto ci permettono di fare anche questo in un tempo già propizio quali i santi giorni di quaresima.
Ora vorrei proporvi se avrete la bontà di seguirmi una mia riflessione con un invito e degli avvisi per la pastorale della nostra comunità.
Il presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana Giuseppe Conte ha utilizzato un’immagine
Siamo sulla stessa barca!
In questo momento mi viene in mente un episodio raccontato concordemente dagli evangelisti: la tempesta sul mare di Galilea. Raccontano gli evangelisti che un giorno, gli apostoli attraversavano il mare di Galilea sulla barca e mentre Gesù si era addormentato, si leva la tempesta, il mare inizia ad agitarsi e le onde diventano furiose. Gli apostoli hanno paura. Svegliano Gesù dicendo “Signore salvaci, affondiamo”. Gesù si sveglia, si alza e comanda al mare e al vento di placarsi. E Gesù si rivolge agli apostoli e dice: “Perché avete avuto paura? Gente di poca fede”.
Nelle tempeste dobbiamo sempre ricordare che Dio è sopra la tempesta, che Dio può tirarci fuori da ogni tempesta purché abbiamo fede, purché apriamo il cuore a Lui. Don Divo Barsotti, un grande sacerdote, un giorno disse che il vero pericolo della chiesa, il vero rischio della chiesa è la pochezza di fede o la mancanza di fede. Non per nulla Gesù ha detto quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra? È un bell’ammonimento, è un invito a crescere nella fede.
Quali allora gli atteggiamenti perché anche in questi giorni si accresca la nostra fede?
Li sintetizzo in 4 inviti:
Dobbiamo pregare!
Desideriamo i sacramenti!
Non dimentichiamoci dei più fragili!
Sentiamoci uniti!
1. Dobbiamo pregare!
Credo che in questo momento noi dobbiamo pregare. Non ne faccio un problema di quantità di cose da dire ma un atteggiamento di fiducia e di affidamento in Dio.
Una volta, quando c’erano le pestilenze, c’erano le ‘rogazioni’, queste preghiere particolari che si facevano e si diceva: a peste, fame, et bello, libera nos Domine! (dalla peste, dalla fame, dalla guerra, liberaci Signore!). Vi confesso che in queste domeniche di pandemia davanti all’altare della nostra chiesa ho innalzato queste antiche preghiere sostenute con le Litanie dall’intercessione dei Santi: in sant’Apollinare e in chiesa parrocchiale abbiamo l’immagine di san Sebastiano e la chiesa di san Rocco alle Favaglie, due santi a cui i nostri antenati nella fede si sono rivolti durante le epidemie e le pestilenze che colpivano gli uomini e o il bestiame, così anche la statua di san Carlo in piazza Libertà ricorda il santo della peste che colpi Milano.
Ecco, io credo che noi dobbiamo pregare.
Certo non possiamo pregare insieme se non in famiglia. Le chiese sono aperte, ma non possiamo celebrare insieme la Messa, possiamo però unirci nella preghiera che ha un grande potere di comunione, di unità, di sostegno. La preghiera cambia la vita, cambia la storia, l’ha detto Gesù: “Chiedete e vi sarà dato”. Anch’io vi suggerisco di pregare molto con la Bibbia, che è una grande sorgente di sapienza, di umanità, di consolazione (penso alla lettura del Vangelo o alla preghiera dei Salmi) e di pregare il Rosario.
Possiamo collegarci, alle 6,28, con il nostro arcivescovo che ogni giorno di quaresima ci invita a far entrare nella nostra preghiera le intenzioni per la pace nel mondo ogni giorno guardando una nazione: così la sofferenza del momento presente che stiamo vivendo non isola ma ci fa sentire in comunione con una terra, come dice l’apostolo Paolo, che geme e soffre attendendo nella speranza la sua liberazione.
Possiamo collegarci, alle 7, alla messa che il Papa celebra in santa Marta e ogni giorno ci dà la possibilità di far diventare nostre le sue intenzioni.
Possiamo seguire sulle emittenti cattoliche programmi di celebrazioni e di cultura religiosa.
Possiamo collegarci, alle 18,30, alla santa messa che don Luigi e le suore celebrano da Casa Maria Immacolata e la stessa liturgia delle ore che cadenza e santifica le ore del giorno che sempre don Luigi propone dalla sua abitazione.
Quando alla mattina celebro da solo all’altare maggiore della chiesa, quello consacrato dalla card. Ferrari il 9 novembre 1906, mi viene in mente quel bellissimo passo di Mosè, quando nel deserto, quindi nella fatica, poneva la tenda del convegno. Si dice che Mosè entrasse solo nella tenda del convegno, tutti si voltavano verso di lui e lui parlava con Dio, faccia a faccia. Dio vuole parlare non solo con me che comunque voglio rappresentarvi davanti a lui, ma con noi faccia a faccia. Nella preghiera è come se noi fossimo davanti a lui, e lui parla con noi e noi rispondiamo.
2. Desideriamo i sacramenti!
Molti in questo momento vivono il disagio e la sofferenza di non potersi accostare alla confessione e alla comunione eucaristica. Ci sentiamo uniti così come ricordava il recente sinodo sulla Amazzonia a quei popoli che desiderano i sacramenti, la messa ma che possono celebrare una volta l’anno…se va bene! Noi viviamo una certa bulimia eucaristica, messe feriali, vigiliari, festive per matrimoni, funerali… qualcuno la vorrebbe anche per circostanze particolari. Ora siamo chiamati in questo digiuno eucaristico a riscoprire il dono non scontato dell’eucaristia e dei sacerdoti che la celebrano.
Penso che sia bello ricordare quello che la tradizione, la dottrina cristiana ci dice, e che con parole più precise viene chiamato votum sacramenti ed è ‘il desiderio’: io desidero il perdono del Signore ma non sono nella condizione di poterlo ricevere in questo momento, non solo i malati ma nemmeno i fedeli che stanno bene, perché non possiamo più frequentarci, quindi, io mi metto davanti a Dio con un vero pentimento, con un atto di fiducia e di amore verso di Lui, confesso a Lui il mio peccato e chiedo il perdono con le preghiere che ci sono più familiari e più conosciute. La Chiesa dice che avendo il proposito, poi, di confessarsi sacramentalmente appena possibile, io ricevo il perdono di Dio. Ecco, io volevo ricordare questa possibilità ai fedeli perché gran parte di loro, anche quelli che lo desiderano, possono percorrere questa strada. Penso anche agli anziani o agli ospedalizzati che ho sempre cercato, se avvisato, di incontrali… ora c’è questa preoccupazione di non portare il virus insieme con il Signore Gesù, quindi c’è anche un po’ di prudenza. A questo punto propongo: ma perché un battezzato non può compiere anche lui un segno cristiano su coloro che sono gli anziani e i malati? Cominciando da quelli che sono in famiglia e quindi i figli, i nipoti benedicono i propri nonni, i propri genitori.
Suggerisco lo stesso atteggiamento spirituale agli operatori sanitari, a quei tanti di Cornaredo, che operano sia nelle case di riposo, dove pure la situazione è molto molto delicata, sia nelle corsie degli ospedali.
A questo punto esprimo un grazie ai nostri medici di base che stanno gestendo nella nostra Cornaredo questa emergenza nel suo manifestarsi, grazie agli operatori sanitari, medici, paramedici, infermieri, la nostra Croce Rossa, la protezione civile, i donatori di sangue….
Un pensiero anche per chi ha perso un caro. Sapete che in questi anni ho sempre celebrato, a parte alcune eccezioni, i due momenti cardini della vita di questo santo popolo di Dio che è in Cornaredo: l’entrare e l’uscire da questa vita cristianamente con la celebrazione del battesimo e dei funerali. Anch’io soffro con quelle famiglie che devono seppellire i loro cari nelle circostanze attuali. Sono loro vicino nel rassicurarli che il funerale insolito di questi giorni non è mancanza di rispetto verso i loro defunti. Noi siamo solidali con loro e assicurando la sepoltura secondo i riti della Chiesa li accompagniamo offrendo una messa di suffragio.
3. Non dimentichiamoci dei più fragili!
Bisogna trovare modi, certo rispettando le regole che ci sono state date dal governo, per non dimenticare i poveri, gli anziani soli, bisogna trovare il modo per aiutarli. Anche la nostra Caritas cittadina non può più agire come prima, ma non ci dimentichiamo di dare il cibo a chi non ne ha, perché altrimenti, oltre ai malati che subiscono questo flagello pensiamo anche che c’è tanta gente che non ha proprio nulla. La solidarietà non può mancare in questo periodo. E di questo ringraziamo anche quanto l’amministrazione comunale con il sig. Sindaco, la protezione civile e i volontari stanno compiendo per portare cibo e medicinali a casa.
Sempre in questo campo della carità la nostra parrocchia dei Ss. Giacomo e Filippo accoglie l’invito del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, per raccogliere fondi per sostenere le strutture sanitarie, i medici, gli infermieri e tutto il personale che in questi giorni sta combattendo una durissima battaglia per curare i cittadini lombardi e sconfiggere il Covid-19.
La nostra parrocchia devolve quindicimila euro che verranno utilizzate per acquisti straordinari di materiali di consumo, quali mascherine, tute protettive, disinfettanti e strumentazioni necessari alle strutture sanitarie, ai medici, agli infermieri e al personale per curare al meglio i malati e limitare le occasioni di contagio.
Ci piace pensare che cosi anche i nostri pazienti di Cornaredo e i loro famigliari possano usufruire di servizi sul nostro territorio regionale.
La nostra comunità pastorale continuerà a vivere la Carità anche dopo questa emergenza in quella sussidiarietà che la contraddistingue con i servizi sociali per le inevitabili ricadute che ci saranno a livello famigliare, occupazionale e lavorativo.
4. Sentiamoci uniti!
Uniti prima di tutto come comunità cristiana! Ritengo che oggi senza messa, noi tutti dovremo riscoprire il valore dell’essere insieme per fare comunità, dell’essere un popolo, come dice sempre Papa Francesco: “il santo popolo di Dio” ogni domenica radunati attorno allo stesso altare.
Risuonano vere le parole di san Giovanni Paolo II al termine del Grande Giubileo dell’Anno Duemila: Vorrei pertanto insistere, nel solco della Dies Domini, perché la partecipazione all’Eucaristia sia veramente, per ogni battezzato, il cuore della domenica: un impegno irrinunciabile, da vivere non solo per assolvere a un precetto, ma come bisogno di una vita cristiana veramente consapevole e coerente. Stiamo entrando in un millennio che si prefigura caratterizzato da un profondo intreccio di culture e religioni anche nei Paesi di antica cristianizzazione. In molte regioni i cristiani sono, o stanno diventando, un «piccolo gregge» (Lc 12,32). Ciò li pone di fronte alla sfida di testimoniare con maggior forza, spesso in condizione di solitudine e di difficoltà, gli aspetti specifici della propria identità. Il dovere della partecipazione eucaristica ogni domenica è uno di questi. L’Eucaristia domenicale, raccogliendo settimanalmente i cristiani come famiglia di Dio intorno alla mensa della Parola e del Pane di vita, è anche l’antidoto più naturale alla dispersione. Essa è il luogo privilegiato dove la comunione è costantemente annunciata e coltivata. Proprio attraverso la partecipazione eucaristica, il giorno del Signore diventa anche il giorno della Chiesa, che può svolgere così in modo efficace il suo ruolo di sacramento di unità.
Uniti poi come comunità civile come polis! Noi forse stiamo riscoprendo da questa brutta vicenda che la solitudine è un male, l’egoismo è un male, essere divisi è un male. Io credo e spero, che in questo frangente di solitudine, di distanza, si riscopra il senso, il valore della comunione e dell’amicizia, del parlare un’unica lingua, dell’essere solidali con gli altri, di non chiudersi in sé stessi. Posso dire che in questo momento molte persone avvertono e intuiscono quello che avevamo dimenticato: noi ci siamo condannati in questi anni a una specie di autoisolamento, ognuno pensava per sé. In questo momento che viviamo l’isolamento imposto, noi ci rendiamo conto di quanto sia necessaria la condivisione. Io spero che questo rimanga.
Uniti infine come comunità nazionale.
Penso al nostro bel Paese, connesso agli altri. Scopriamo come davvero la globalizzazione ci connetta tutti. Il virus è venuto da lontano, ha toccato tutti noi, siamo connessi nel male, ma possiamo essere connessi anche nel bene. Forse è il momento di quella resilienza d cui tanto sentiamo parlare, di resistere e di comunicare a tutti la bellezza, la gioia del vivere insieme e dell’essere un popolo. Al di là delle diversità regionali, di sensibilità politica e di interpretazioni è veramente un momento di unità di cui avevamo assoluto bisogno per capire come continuare a costruire, nel tempo che ci è dato da vivere, le vie per il futuro delle nostre generazioni. Mi sembra che in questo momento cresca una condivisione non superficiale. Può essere che quando sarà vinta questa battaglia si ritorni come prima, può essere, si tratta di fare una scelta.
Concludo con un invito tre avvisi
Invito
Prendiamo sul serio tutto quello che ci viene detto dalle autorità preposte perché non ci sono dietrologie. C’è invece l’esperienza della nostra fragilità rispetto alla quale la prudenza non è mai troppa. Se la situazione ci costringe a fare un passo indietro rispetto all’attivismo, alla frenesia e al chiasso, questo ha una sua provvidenzialità.
Sentivo ieri in una trasmissione radiofonica un giovane che diceva “Se mi togliete la partita di calcio, se mi togliete la discoteca, cosa mi resta? Quale è lo scopo della mia vita?”. Ecco la grande riflessione: dobbiamo ritrovare l’essenziale nel rapporto con Dio e tra noi.
Primo avviso
In questo momento di emergenza sanitaria, la Chiesa italiana prega e invita a pregare per tutto il Paese. Lo faremo domani giorno dedicato alla festa di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria, patrono della Chiesa universale, invitando ogni famiglia, ogni fedele, ogni comunità religiosa a recitare in casa il rosario. Ci sarà collegamento con TV 2000; sul sito della parrocchia troverete il sussidio per questa preghiera; vi incoraggio a partecipare insieme alla preghiera nella casa come famiglia; esponiamo fuori dalle case un lume acceso; mettiamoci davanti, durante la preghiera, ad un crocifisso, un’immagine della Madonna o una Sacra Famiglia. Un quarto d’ora prima suoneranno le campane come richiamo alla preghiera, così come ogni domenica a mezzogiorno quando possiamo unirci alla preghiera dell’Angelus con il Papa, e al venerdì, alle 15, per ricordare la morte di Gesù in croce.
Secondo avviso: le celebrazioni della settimana santa
Lo status quo continuerà fino al 3 aprile. Dopo avremo altre disposizioni… sapremo cosa verrà deciso per le celebrazioni della settimana santa, il centro dell’anno liturgico e della nostra fede cristiana: il mistero pasquale. Ci auguriamo di ritrovarci insieme per celebrare quei giorni grandi, sacri e solenni.
Terzo avviso: gli appuntamenti del tempo pasquale
Riguardo alle celebrazioni dei battesimi, delle messe di prima comunione, della cresima e dei matrimoni per noi ora tutto rimane confermato, a Dio piacendo! Le disposizioni governative sono appunto fino al 3 aprile. Rimane nello stesso tempo chiaro che qualora l’emergenza continuasse la decisione non dipende più da me o da voi, ma sempre e comunque dovremo attenerci alle indicazioni ministeriali, regionali, comunali ed ecclesiali.
Siete tutti nella mia preghiera di intercessione, come anche di quella degli altri sacerdoti don Giuliano, don Luigi, don Daniele e delle suore, che con voi ringrazio per il loro servizio nella nostra comunità pastorale.